"La notte del 26 luglio 1370, un terribile vento di libeccio entrava nel Golfo.
Le cronache dell’epoca raccontano che il prigioniero riuscì ad evadere attraversando proprio la stanza in cui era rinchiuso l’uovo di Virgilio; nel buio e per la fretta (oppure di proposito?) Visconti urtò la gabbia appesa al soffitto facendola cadere: provocò il disastro, la spaccatura dell’uovo.
Dopo la tempesta il popolo infuriato e in angoscia temeva il peggio, voleva a tutti i costi conoscere le sorti dell’uovo virgiliano e sapere se corrispondesse a verità che un nemico era riuscito a penetrare nella segreta stanza causando una così tale sciagura. Nulla riusciva a placare la gente infervorata, fin quando la regina Giovanna non si affacciò per rassicurare tutti. Napoli non avrebbe subito altre calamità in quanto lei stessa aveva posto un altro uovo alle sue fondamenta, e fece edificare il Castello più forte di prima. Nove anni dopo, finiti i lavori di ricostruzione, la regina Giovanna fece apporre sopra l’arco d’ingresso del Castello un’enigmatica iscrizione in marmo della quale non si sa più nulla di concreto dal 1502
La frase sembrava un bisticcio di parole, probabilmente parte di un antico rituale che doveva svolgersi nelle sale della fortezza : “Ovo Mira Novo Sic Ovo Non Tuber Ovo Dorica Castra Cluens Tutor Temerare Timeto” (Misteri, segreti e storie insolite di Napoli di Agnese Palumbo e Maurizio Ponticello).
#lungomare
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